Finalmente, un po’ in tutto il mondo, comincia a cadere il velo su un tema considerato ancora un tabù: l’aborto spontaneo. Perché un evento non poi così raro e che spesso entra nella vita delle persone senza preavviso, producendo dolore, sgomento, rabbia, insicurezza, ha bisogno di essere raccontato, svelato, per essere compreso anche da chi non lo ha mai sperimentato.
Le statistiche ci dicono che circa una gravidanza su cinque non va oltre il primo trimestre, ovvero non supera i primi tre mesi.
Una gravidanza che essendo ancora agli inizi spesso è ancora tenuta nascosta, e che poi quando si interrompe, fatica a trovare la giusta collocazione nella vita dei futuri mamma e papà, nel loro rapporto reciproco, nel rapporto con le famiglie o con gli amici. Quando capita un aborto spontaneo nei primi mesi la percezione comune spinge molte persone a pensare che per la donna sia meglio passare oltre, di correre in fretta verso una nuova gravidanza, considerandolo un caso fisiologico che può capitare e che fa parte della naturale evoluzione delle cose.
E senza dubbio per qualcuno può essere così ma un evento luttuoso ha bisogno di essere vissuto, attraversato, affrontato. Perché obbligare una donna, una mamma, che vuole prendersi il proprio spazio per attraversare il dolore di aver perso il suo bambino, chiedendole di dimenticare e superare pensando di fargli un favore è un grande e grave errore. Di recente alcune personalità pubbliche, attrici, attori, cantanti e volti noti della tv hanno cominciato a raccontare la propria esperienza, condividendola con i propri follower.
Nei giorni scorsi un volto noto, che tutte le ragazze cresciute a pane, nutella e Dawson’s Creek non possono non ricordare, James Van Der Beek (che interpretava proprio il protagonista Dawson), ha raccontato su Instagram una verità che forse non tutti conoscevamo! Lui e la sua compagna Kimberly, oggi genitori di cinque bimbi biondissimi di 8, 6, 3,2 anni e una di pochi mesi, hanno dovuto affrontare tre aborti, uno proprio poco prima dell’ultima nata.
Con parole decise l’attore dichiara come già la parola (in inglese miscarriage) porti con sé un senso di colpa verso la madre, come se non fosse riuscita a portare a termine la gravidanza (il verbo carry significa infatti portare con sé). Nulla di più sbagliato, poiché come lo stesso James afferma “per la mia esperienza non c’è nulla che la donna possa aver o non aver fatto e che abbia causato l’aborto”. E ancora più avanti “è importante affrontare il lutto scoprendo poco alla volta la bellezza di ciò che ci ha fatti restare uniti, in un modo nuovo e diverso rispetto a prima”. Sempre secondo le parole dell’attore “molte coppie si scoprono ancora più unite, e riconoscono un desiderio ancora più forte di avere un figlio, che poi molte, moltissime coppie riescono ad avere, anche subito dopo un’esperienza di aborto spontaneo”.
Ci è sembrato davvero bello leggere queste parole sincere, che sembrano voler essere un messaggio di speranza per quanti magari, proprio ora, attraversano momenti difficili, come testimoniato dalla valanga di commenti a corredo di questo post, in cui l’attore viene ringraziato soprattutto per aver messo sotto i riflettori anche il dolore dei papà e per aver scelto di condividere un pensiero così intimo e personale.
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